di Jacopo Tommasini

Yorgos Lanthimos ritorna al festival di Venezia presentando Bugonia, dopo aver vinto il Leone d’Oro con Povere Creature!. Si tratta di un remake in lingua inglese del film sudcoreano del 2003 Jigureul jikyeora! (Save the Green Planet!)di Jang Joon-Hwan. 

Con Bugonia Emma Stone consolida il suo ruolo di musa creativa per il regista greco, segnando la loro quarta collaborazione dopo La favorita, Povere Creature! e Kinds of Kindness; nel film l’attrice veste i panni di un’importante e rinomata CEO, che diverrà bersaglio dei cugini Teddy (Jesse Plemons) e Don (Aidan Delbis), due apicoltori complottisti che la credono un’aliena inviata per sterminare le api e porre fine all’umanità.  

Lanthimos mette in scena un racconto paradossale dove l’incertezza vi fa da padrona, instillando nello spettatore un dubbio costante e angoscioso: cosa succederebbe se i complottisti avessero torto? Oppure, cosa accadrebbe se avessero invece ragione?

I personaggi presenti costituiscono un microcosmo volto a rappresentare le intere sfaccettature che guidano il genere umano, ridotte cinicamente a un concentrato di ignoranza, paura, violenza e necessità di espiare le proprie colpe; una simile operazione fu condotta dal regista con il Sacrificio del Cervo Sacro, ma se il film del 2017 era finalizzato a indagare i conflitti vigenti all’interno di un nucleo familiare, qui il discorso viene ampliato e amplificato.

Jesse Plemons riesce a conferire al personaggio una notevole profondità grazie a una spiccata abilità espressiva, inscenando ottimamente tutto il rimorso che Teddy cova nei confronti dell’industria farmaceutica, colpevole di aver somministrato alla madre cure non appropriate, di aver anteposto il profitto alla salute e di aver condotto sperimentazioni eticamente discutibili. L’ambiguità di cui tutto il film è permeato consente di non far scadere alcun personaggio nel manicheismo, contribuendo invece ad alimentare il dibattito morale sulla rettitudine delle azioni intraprese. A sostegno di quanto detto, si può osservare che, se da un lato il folle piano di Teddy sembra essere messo in atto per esercitare una nobile volontà di rivalsa sociale, dall’altro pare essere alimentato dai sentimenti più inconsci e veraci di vendetta. 

Ecco che l’autorialità del grande artista viene fuori, ponendoci di fronte alle sfaccettate contraddizioni della morale, facendoci interrogare se ciò a cui stiamo assistendo riguardi i deliri di un alienato complottista o le avanguardistiche teorie di un rivoluzionario. 

L’interessantissima questione viene inoltre supportata da un prodigioso comparto tecnico: al ineccepibile regia di Lanthimos si accompagna l’ottima fotografia di Robbie Ryan, che simboleggia il conflitto morale al centro della trama attraverso marcati contrasti tra luce e ombre; il montaggio di Yorgos Mavropsaridi inoltre riesce ad alternare sequenze più incalzanti a momenti in cui rallenta drasticamente, rafforzando un’ottima costruzione della suspense, anche grazie all’uso di un’ efficace montaggio parallelo, giocando sull’attesa e sulla collisione tra due momenti.  

Con Bugonia, Yorgos Lanthimos conferma ancora una volta la sua capacità di maneggiare il paradosso e l’ambiguità morale con intelligenza e rigore autoriale. Il regista greco costruisce un film che è al tempo stesso satira grottesca, thriller psicologico e riflessione morale sul tema della biodiversità.