Per la prima volta in Italia, i ricercatori del Laboratorio ArQuS dell’Università di Trieste e del CNR-INO hanno fotografato e intrappolato singoli atomi, utilizzando un approccio alternativo ai metodi più diffusi per la microscopia atomica, analogo all’uso del flash di una macchina fotografica.

Per la prima volta in Italia, i ricercatori del Laboratorio ArQuS dell’Università di Trieste e del CNR-INO (Istituto Nazionale di Ottica, Consiglio Nazionale delle Ricerche) sono riusciti a intrappolare e fotografare singoli atomi di itterbio, estendendo le tecniche di imaging a nuovi regimi: osservando la luce emessa con un microscopio, i ricercatori sono riusciti a distinguere chiaramente ogni singolo atomo e a contarne con precisione il numero contenuto in una singola trappola, una capacità mancante nelle tecniche esistenti, dove le misure erano finora limitate a distinguere solo tra zero e un atomo.

I risultati, pubblicati sulle due prestigiose riviste internazionali Quantum Science and Technology e Physical Review Letters, offrono importanti prospettive per lo sviluppo di scienze e tecnologie basate su bit quantistici (o qubit), come computer quantistici e orologi atomici: la capacità di osservare ogni singolo atomo con grandissima precisione è, infatti, un elemento fondamentale per la realizzazione di un sistema di qubit atomici.

Francesco Scazza, professore associato di Fisica della materia all’Università di Trieste e responsabile del Laboratorio ArQuS, spiega: “Per fotografare sorgenti di luce molto fioche, come corpi celesti o, appunto, singoli atomi, si utilizzano solitamente lunghe esposizioni al fine di collezionare un segnale abbastanza grande (cioè un gran numero di fotoni) e poter distinguere gli oggetti fotografati dal background. Nel nostro lavoro abbiamo utilizzato un approccio alternativo, analogo all’utilizzo del flash di una macchina fotografica: illuminando gli atomi con molta luce per un brevissimo lasso di tempo è possibile ottenere un segnale sufficiente da distinguere ciascun atomo molto chiaramente, riducendo la durata della rivelazione senza comprometterne le performance”.

Nella tecnica ideata dal Laboratorio ArQuS, gli atomi, raffreddati quasi allo zero assoluto (-273 °C) da una luce laser e poi catturati in cosiddette “pinzette ottiche” (optical tweezers), sono illuminati con un secondo laser, del quale assorbono e riemettono parte della luce grazie al fenomeno della fluorescenza.

Omar Abdel Karim, ricercatore del Laboratorio ArQuS, spiega: “Una delle principali sfide nell’osservazione di singoli atomi consiste nel non perdere gli atomi durante l’acquisizione dell’immagine. A causa dell’assorbimento e della ri-emissione della luce, gli atomi infatti acquisiscono energia e possono scappare dalla trappola. Nei nostri esperimenti siamo riusciti a compensare questo effetto riuscendo a far coesistere una grande precisione nell’individuazione degli atomi e un minimo disturbo al sistema”.

Una delle soluzioni dimostrate si basa su un delicato bilanciamento tra la luce di fluorescenza e quella di raffreddamento per garantire che gli atomi rimangano intrappolati, permettendo di distinguere chiaramente la loro presenza e di riutilizzarli per esperimenti successivi. Un altro approccio consiste nel ridurre il tempo di esposizione al minimo possibile, permettendo di ottenere la più elevata velocità di esecuzione finora dimostrata per atomi in optical tweezers.

Alessandro Muzi Falconi, ricercatore del Laboratorio ArQuS e dottorando in Fisica dell’Università di Trieste, commenta: “Negli ultimi anni, uno degli obiettivi del settore è sviluppare tecniche di imaging in grado di osservare gli atomi sempre più velocemente e possibilmente senza perderli durante l’immagine. Grazie a una tecnica basata su brevi e intensi impulsi di fluorescenza, siamo riusciti a osservare gli atomi, senza indurre perdite, in pochi milionesimi di secondo, circa mille volte più velocemente dei tipici tempi di acquisizione. La nostra tecnica si basa sul fatto che gli atomi acquisiscono energia durante l’immagine, ma non abbastanza da scappare dalle trappole ottiche. Inoltre, tramite veloci impulsi di raffreddamento possiamo rimuovere l’energia in eccesso dopo l’immagine, e ripetere l’osservazione degli stessi atomi per decine di immagini in successione”.

Un altro importante risultato del gruppo di ricerca è la prima osservazione di singoli atomi dell’elemento itterbio-173, un particolare isotopo (atomo di un elemento che ha differente numero di massa e perciò differente massa atomica) caratterizzato da ben sei stati interni nel suo livello fondamentale, che permetterebbe di sviluppare circuiti quantistici basati su qudit e non più solo qubit, conservando e scambiando informazioni più efficientemente.

Il Laboratorio ArQuS è nato nel 2022 da una collaborazione tra l’Università di Trieste e il Cnr e grazie a un finanziamento ERC Starting Grant di 1.4 milioni di euro concesso dalla Commissione Europea.