Personale prefazione alla presentazione al Caffè San Marco che si terrà oggi pomeriggio 17 Dicembre alle ore 18 sulla i pubblicazione del libro “Il Segreto”

Non ci siamo mai dimenticati di te, sei sempre stato nel nostro cuore e mente, ci siamo ritrovati finalmente dopo tanti anni e come sempre il perno per incontrarci sono stati i tuoi scritti caro “Nini”, il Giorgio Voghera degli “Anni della Psicanalisi”, dei “Quaderni di Israele” e oggi, questo pomeriggio, ci sarà la ri presentazione dopo tantissimi anni de “Il Segreto” edito per i tomi “Libreria San Marco” con “Asterios Editore”, sì Nini, il tuo Caffè preferito! Contento vero? Ah certo, dici che sei anche contento di sapere che forse ci sarà Claudio (Magris) e Elvio (Guagnini) assieme per te ed anche Stelio (Vinci).Tra parentesi, vi sono alcune cose che, essendo tuo cugino, avrei da raccontare proprio su questo libro…come dici? Certo che che ce lo ricordiamo, ti abbiamo fatto una promessa, quindi molte cose di ciò che sappiamo, resterà un… segreto per sempre.
Dolce “Nini” che piacere, “riparlare” assieme, qui, al “San Marco” o sembra alla “Casa Gentilomo” o in piazza Volontari Giuliani o al Caffè “ora chiamato “Bar Giulia”, io preferirei essere ancora assieme con te e a Alma (Morpurgo) e ti ricordi i suoi primi racconti? “Incontrati per via”, “Voci lontane” dal carattere un po’ burbero ma deliziosa negli affetti e Annetta (Fano)? Sì, eri sempre a brontolare che non potevi rimaner solo con me perché c’era sempre Alma, certo che me lo ricordo, ma del resto la vita passata in Cile, le sue esperienze desideravano il nostro calore.


La sua dolcezza era infinita, quanto ci mancano anche loro, cugine amate e ormai lontane.
Rammento quando dovevamo trovare i nostri momenti di confidenza e affetto senza che altre zanzare, come dicevi tu potessero ascoltarci. La gloriette del giardino di via Cologna era l’unica presenza gradita senza quella maschera che io dovevo portare davanti agli altri.
Molto mi potresti proporre di dire, e parlo della tua feroce ma sottilissima ironia, la tua capacità di ammaliare con i tuoi discorsi in triestin o con il tuo italiano perfetto, quando volevi essere “lontano” dall’interlocutore, e quanti ne hai avuti postulanti anche prima che avessi ricevuto il “San Giusto d’Oro” nel 1992. Come li definivi tu? Chiosatori di falsa saggezza e amicizia improvvisa, sempre pronti a carpirti dei segreti della nostra famiglia e tu li depistavi in maniera ironica: da qui nascono tante versioni su tanti accadimenti, compresa la Libreria Saba. Che ne dici? Non rispondi, come non lo facevi mai, al massimo da buon ebreo mi vorresti fare una domanda vero? Ah ecco “Perché me lo chiedi ancora?”
I miei ricordi si fondono con la mia più tenera infanzia, a 4 o 5 anni, quando andavamo in via Sant’Anastasio da “Pepin”.- Giuseppe Fano fratello di Paola che sposatasi con Guido Voghera, i tuoi genitori, mentre l’altro tuo zio Giorgio Fano acquistò la libreria antiquaria .- chiamata Libreria Antica e Moderna, ora Saba – insieme all’amico Umberto (Saba) che poi, ma lo sappiamo solamente tu ed io, gli cedette la libreria senza nulla in cambio, viste le difficoltà di Saba e non con la scommessa del tirar testa o croce”; Giorgio non volle fare questa scommessa. Come si tramandano e diventano storia “certe battute tra ebrei come Giorgio e Umberto” – e lì c’eri tu: el “Nini” in cucina, sempre verso le sei, sette di sera che cenavi e salutavi sornione a quel bambinetto che eravamo. La cena poi, un formaggino, un uovo e verdura cotta, sempre o almeno nei miei ricordi era così, ma quante cose, quanto ha influito negli anni la tua parentela e amicizia destinata, quella vera, a pochi, assai pochi. E le confidenze, ti ricordi quanto mi raccontavi di essere volutamente “scarno di ricordi o voglia di parlare”, un modo per difenderti dalle troppe domande.


Anche se cugini, non eri parco nei rimproveri e negli sproni, nel offrirmi sempre tante perle di vita vissuta che divengono gioielli da custodire e “usare” per diventare “Uomini”, cosa che forse ora sto imparando a fare, scherzo naturalmente. I miei libri di sillogi, il mio romanzo breve e quello storico, sono frutto del tuo incitamento a scrivere ed ho ancora una tua intervista inedita mai pubblicata e una prefazione inedita scritta da te su un libro di sillogi che se lo pubblicherò sarà tra molto tempo: sarebbe come staccarmi da te, mi manchi troppo. Mi hai donato qualcosa di spirituale, emotivo, vero? So che stai sorridendo e mi chiederesti il perché abbiamo spostato monti, divelto argini per farti intitolare una via, per il centenario della tua nascita nel 1908, da parte del Comune di Trieste che poi è una Scala, l’ex scala Kandler, che ora porta il tuo nome, vicino a dove vivevi, nella “Pia Casa Gentilomo, di via Cologna. Allora ti rispondo così, “alla ebraica”:- “Perché no?In realtà era un mio dovere farti omaggiare, per forza che doveva esserti dedicato qualcosa per quello che hai donato a Trieste ma che ancora non si può comprendere: i tuoi libri, la tua profonda conoscenza dell’essere umano e un libro in particolare, anche questo segreto o quasi “Gli Anni della Psicanalisi”:- perché non più pubblicato se non nel 2020, ma ancora da una piccola casa editrice e in più nella categoria “Psicologia” e non nella saggistica…perché stai ridendo? Ah, capisco… – , il tuo libro affronta in una chiave di lettura analitica ma soprattutto umana i rapporti con questi grandi scrittori, come lo se tu, naturalmente. E su questi più grandi storici letterati, che hanno vissuto a Trieste, tu hai potuto scrivere delle loro confidenze di vita più nascoste anche nel loro scrivere: li frequentavi tutti o erano i racconti di tuo zio o tuo padre: Svevo, Saba, Joyce, Stuparich, Bazlen, Giotti, Pincherle Tomizza e già nominavi Claudio Magris in cui lo definivi “…” uno dei più spregiudicati e studiosi della cultura mitteleuropea – e tanti altri, tra cui il povero allievo di Freud, Edoardo Weiss, letteralmente scappato da Trieste forse anche per colpa di Saba per le sue logorroiche ed infinite richieste di aiuto e sedute con lui.
Tu hai riportato gli incontri, le amicizie e i loro stati d’animo di questi giganti: dell’uomo, non dello scrittore, non dei suoi scritti o poesie ma del perché sono nati. Ora “Il Segreto”, che sembrava essere caduto nell’oblio riappare in città, almeno questo, dove la tua più delicata “illustrazione” di Trieste, dei suoi personaggi, da Bianca ai compagni di classe…chissà chi erano in realtà vero Nini? Hai voluto così meravigliosamente descrivere anche un sentimento unico qual’è l’amore. Ed era logico che non potevi ricevere come dono dalla città un Via, ma una Scala, la tua vita è sempre stata in salita: faticosa, difficile, ah già, dici che le scale si possono anche scendere, hai ragione Nini.Non sappiamo se sia il caso di parlare a fondo di chi hai conosciuto tra i grandi della letteratura del Novecento tra Svevo, Joyce e tanti autori triestini forse un po’ troppo dimenticati, meglio che qualche persona “di buon cuore” diresti tu, faccia comparire di nuovo il tuo capolavoro “Gli anni della Psicanalisi” in una edizione veramente di livello nazionale.Posso farti una domanda, Nini? Ma al “Caffè Municipio”, quando tuo padre Guido si sedeva con Saba e Svevo, come, del resto in tutti i tuoi libri, sei riuscito a comprendere l’Io di Schmitz, in quegli incontri con le tue intuizioni sull’essere umano.-” Ma ricordo esattamente che gli occhi di Svevo mi colpirono subito moltissimo… Non era l’espressione sofferente e aggressiva degli occhi di Saba…esprimeva forse un’acuta, presente sofferenza, quanto una profonda, irrimediabile amarezza”. Come dici Nini, è un dono che hai nel riconoscere anche di primo acchito solamente dopo pochi sguardi e ascoltando e i loro discorsi la loro essenza, la loro sofferenza?

Si Nini hai ragione sei unico anche per questo e per la tua unica sensibilità, intuizione naturale a descriverli e descrivere Trieste in ogni sua nascosta sfumatura.In questo tuo mastodontico libro, metti in risalto tutte quelle menti eccelse del primo Novecento triestino, da Joyce a Saba, da Ettore Schmitz – pseudonimo di Italo Svevo -, da Gianni Stuparich a Guido Voghera e potrei continuare ancora. Un libro che, a parer mio, dovrebbe assurgere a testo scolastico, testimonianza reale diretta sia di una Trieste intellettuale, fulcro di una italianità frammista ad una cultura mitteleuropea. Ti posso tranquillamente dire che per me tu sei sempre stato essenziale nello scrivere:(da “Gli Anni della Psicanalisi”) “…secondo Saba, Svevo aveva incontrato assai più difficoltà di quante volesse far credere quando, dopo il suo matrimonio, in età già matura era dovuto diventare un industriale di successo, nonostante le sue aspirazioni socialiste; quando era entrato, lui psicologicamente ebreo fino alle midolla delle ossa, anche se non credente, in una famiglia di cattolici intransigenti e di quanto si sia dovuto adattare ad una vita di società, sia pure di livello intellettuale elevato nonostante le proprie tendenze ad una quieta e solitaria riflessione.” Ed ecco che è qui che conosciamo il vero Svevo per i tuoi contatti amichevoli : “..aveva reagito con la sua saggezza, col fare mostra di accettare e di comprendere tutte le tendenze umane, di metterle tutte sullo stesso livello e di considerare essenziali e spesso assurdi i conflitti che suscitano”. Inoltre, come mi racconti Nini di Schmitz, avendolo conosciuto di persona e poiché tuo padre era un suo grande amico, quando si parla del contesto psicoanalitico in cui vive Trieste in quel periodo ora sappiamo che tutti gli scrittori, tra cui Saba, erano costantemente a bussare alle porte di Edoardo Weiss, amico della famiglia Voghera. Questi era scappato da Trieste negli Stati Uniti non potendo più sopportare una tale pressione e rimarcando che il più incessante “disturbatore” dello psicanalista era Saba piuttosto Svevo.
Ne ”La coscienza di Zeno” e al suo rapporto con la psicanalisi vi è sicuramente una conoscenza antecedente di Svevo di questa dottrina medica. Sicuramente conosceva Freud, ma certamente più di una volta era stato nel gabinetto medico del Weiss e non nacquero delle simpatie particolari. Sempre sempre dal tuo libro posso riportare “…non ricordo che Weiss nominasse mai il signor Schmitz in nostra presenza.”. Ne parlava spesso invece Saba, che lo apprezzava, avrebbe detto più tardi, proprio alludendo a Svevo …che la saggezza, quando raggiunge un certo livello, non è altro che la più autentica bontà”.

La sua manifestazione nevrotica era forse dettata da un’eccessiva difficoltà di adattamento all’ambiente, come tu mi racconti. Svevo era, anche per la sua salute mentale, interessato alla psicoanalisi poiché si era accorto che la sua “saggezza” era poco rappresentata nei suoi primi due romanzi, per cui fece tesoro con i suoi studi ed incontri ne “La coscienza di Zeno” che è presente nella sua massima creazione.L’influenza di Freud su Svevo è certamente passata in parte per il tramite di Weiss, anche se non è facile stabilirlo, come mi racconti…
Certamente poi vi è uno spontaneo maturarsi nello Svevo stesso che giunge a certe conclusioni sulla psicanalisi ribellandosene e se ne lancia contro proprio nella sua opera, ed è un altro dei temi centrali del suo più famoso romanzo, dove Ettore si scaglia con tutta la sua ironia… Si, Nini , mi ricordo anche del I° capitolo del libro “Considerazioni eretiche sulla “scrittura “ di Italo Svevo” di cui riporto solo: “ Il fatto è comunque che Svevo è un grande – forse un grandissimo -scrittore anche se scrive male”, grazie di avermelo ricordato.
Nini però chiude su “La coscienza di Zeno”: ”…” importante è che nello scrivere della psicanalisi a Trieste non si dimentichi di accennare all’ispirazione indubbiamente psicoanalitica, magari in senso lato, del più grande romanzo scritto nella nostra città”.Si lo sappiamo, vorresti che parlassimo, in questi tempi dei “Quaderni di Israele”, certo che lo facciamo con piacere, va bene prima un po’ della tua delicata saggezza?
Bene con piacere, da “Quaderni di Israele ” L’animale più saggio che abbia conosciuto è stata però una vecchia asina bianca, spelacchiata e piena di cicatrici, che doveva essere stata smarrita o abbandonata da qualche tribù beduina di passaggio. Da quando la conobbi, pensai sempre chi gli scolari ignoranti dovrebbero sentirsi onorati di essere chiamati asini. … Il capo della falegnameria cercava di darmi le spiegazioni del caso: “Vai a destra, finché trovi a casa rossa, poi a sinistra, poi a sinistra ancora, vedrai dei cipressi, ma prima di arrivarci piega a sinistra, no, meglio a destra, lungo le mimose che cingono il nostro aranceto (ci sei già stato, vero?), poi…
Aspetta, gli spiego io. Interloquiva un altro. E’ meglio che tu vada per la strada maestra…Io, col mio solito intontimento, non capivo proprio nulla…. Allora abbandonai le redini e lasciai che l’asina mi portasse dove voleva lei. Come avevo sperato, si fermò proprio davanti al mucchio degli scarti. Pareva (sapere) esattamente quale carico portava di volta in volta e dove fosse destinato”… “Questa vecchia asina bianca mi fece la più grossa sorpresa il giorno che dovetti sostituire un ragazzo…
Mi misi in via con l’asina e andò tutto bene fino ad un certo momento. Ma, davanti ad una determinata casa, l’asina si fermò e non c’era caso di farla proseguire. Mentre la tiravo per la cavezza con tutta la mia forza e discutevo vivacemente con lei, si aperse una finestra ed una donna mi disse “Anche oggi un chilo, per favore”. Era una cliente che non figurava sulla lista per dimenticanza, ma a cui l’asina non aveva voluto fare torto. Inutile dire che, consegnato il pane, lei si mise in moto senza bisogno di speciali incitamenti”.
Eccoti accontentato Nini, ma adesso qualcosa che riguarda anche l’attualità purtroppo, “Va ben”? Era tutto un altro mondo, un mondo che molti, anzi quasi tutti non conoscono, vero? Hai ragione “Per di più gli arabi ricevevano alle volte un’assistenza tecnica dagli ebrei ed erano in grado di apprendere ed imitare spontaneamente le nuove tecniche agricole introdotte da questi ultimi. Senza contare i vantaggi portati dal miglioramento e le condizioni sanitarie e della viabilità, dalla eliminazione del brigantaggio spicciolo, eccetera. E non bisogna dimenticare che, almeno fino ad un certo periodo, quasi tutti gli ebrei si imponevano un atteggiamento comprensivo verso gli arabi, tanto nel campo economico quanto in quello delle relazioni personali: ciò che del resto, come risulta da quanto ho detto in precedenza, gli arabi mostravano quasi sempre di meritarsi e di saper apprezzare.
Si comportavano così, gli ebrei, non solo perché capivano che ne avevano tutta la convenienza, ma anche perché come ho accennato, moltissimi dei pionieri erano socialisti convinti… “Si illudevano costoro che la Palestina fosse un terreno particolarmente adatto per tale collaborazione: ed avrebbero dovuto invece assistere allo scatenarsi nel Medio Oriente, di uno dei più dolorosi conflitti nazionali della storia moderna, mentre la collaborazione da loro sognata si sarebbe svolta invece fra il gruppo di potere russo (sulla cui politica le masse hanno assai poco da interloquire)e le dinastie ed i dittatori militari dei paesi arabi”.
Sì Nini, sappiamo che vedi cosa sta accadendo ora, e tu ben sai distinguere il bene dal male. Come dici? Hai sempre ragione, la gente umile, le persone comuni non vorrebbero tutto questo, che siano ebrei o arabi.
Dobbiamo salutarci ora, perché qui ci stanno chiudendo il Caffè, a domani Nini caro.