Proprio mentre si gareggia per il “Giro d’Italia” di ciclismo, alla Sala “Bartoli” de “Il Rossetti” va in scena questo spettacolo su un mito del nostro ciclismo.

Veneto di nascita, il leggendario ciclista Ottavio Bottecchia trovò la morte forse per una caduta dalla sua bicicletta, lungo le strade friulane, sulla strada tra Cornino e Peonis dove si allenava. A molti lettori il nome non dirà nulla, eppure Bottecchia fu un eroe nazionale dello sport e dell’amor patrio.

Riccardo Ventrella – tra l’altro responsabile del settore Relazioni e Progetti Internazionali del Teatro della Toscana – ha indovinato sia il testo recitativo che lo spettacolo essendo amante del ciclismo e della bicicletta, sport da lui praticato, nel raccontare al pubblico la storia di un uomo e anche della sua impresa. Vinse il “Tour de France” nel 1924 dove indossò la “Maglia Gialla” dalla prima all’ultima tappa, primo italiano a farlo e a ripetersi l’ anno dopo vincendo ancora il “Tour de France”: uomo che come il mito di “Orlando”nella sua “chanson”, si rifiuta se non alla sua morte – per preservare il proprio onore – di chiedere aiuto e rinforzi nella battaglia che infuriava di “suonare” il suo olifante: “ “Prese il corno, che biasimo non abbia, con l’altra mano… Il suo suono si fa sentire fino a Carlo Magno, che sta i valichi passando. … E quando Orlando suona l’olifante, si sentono i suoi grida in tutta la valle.”. Quella di Ottavio era il non chiedere aiuto alla sua squadra di sostenerlo per le tortuose e pericolose strade del “Tour”, un uomo solo a combattere la natura e la stanchezza, stremato, chilometro dopo chilometro.

Di umili origini venete di San Martino di Colle Umberto, per la sua professione di muratore era soprannominato “Muratore del Friuli”, mentre iniziava a gareggiare con l’”Unione Sportiva Pordenonese” in alcune corse ciclistiche per dilettanti nella squadra ciclistica “la Ganna-Dunlop”: partecipò alla Milano-Sanremo, giungendo nono, mentre al Giro d’Italia di quell’anno giunse quinto. Fu poi ingaggiato dalla formazione francese Automoto per partecipare al suo primo “Tour de France” e già allora batté un record: fu il primo italiano ad indossare la “Maglia Gialla” per sei tappe e terminò secondo nella classifica generale.

Ma la passione di Bottecchia per il ciclismo nasce in tempi bui, quelli della “Prima Guerra Mondiale”, quando fu reclutato come “esploratore d’assalto” dove l’uso della bicicletta era necessario: Botteccha se ne innamorò appassionatamente e per l’essere sfuggito tre volte alla prigionia austroungarica e distinguendosi anche nelle fasi della resistenza sul Piave, nel giugno e nell’ottobre 1917 con atti di eroismo, ottenne la “Medaglia di Bronzo al “Valor Militare”.

Un italiano tutto d’un pezzo, schietto, caparbio, volenteroso e personaggio che divenne mito allora e che dovrebbe essere più ricordato oggi.

Ci complimentiamo con Ventrella per questa rappresentazione da lui scritta in cui fa anche da voce narrante assieme Jauris Casanova e con l’attore Klaus Martini che hanno fatto onore, in un ottimo spettacolo, alla figura di Bottecchia, uomo del suo tempo ma presente oggi, nel ricordo, per il suo spessore umano e per la volontà irriducibile sia nello sport che nella vita, offrendo un chiaro e semplice, come doveva essere, spaccato della vita di quel periodo, senza voler addentrarsi in meandri storici troppo discostanti dalla sua storia.

Nulla Ventrella ha lasciato al caso, nemmeno la bicicletta del “Muratore del Friuli” che è stata ricostruita da Simoncini Telai di Castefiorentino.

Ottima intuizione di regia che si basa su una interpretazione teatrale elegante e originale: un monologo “polifonico” in cui Klaus Martini,- ce lo ricordiamo nello spettacolo “Pessoa – I Have Been Me”- si intreccia con la musica dal vivo di Vieri Sturlini e con inserti sonori registrati, oltre che alla voce dello stesso Ventrella.. Questa “polifonia vocale” offre l’idea esatta della complessità del protagonista, senza mai cadere nella misera volontà divulgativa ma entrando a piè pari nel mondo interiore di questo infaticabile uomo.

Martini ha il palco tutto suo, reggendolo con intensità e misura, incarnando un Bottecchia introspettivo, a volte piagato e silenziosamente ostinato.

La scena è essenziale: pochi oggetti, la bicicletta, qualche proiezione minimale. Ma questa essenzialità è efficiente per la concentrazione sulla parola e sul suono. Le musiche dal vivo accompagnano con morbidezza e sensibilità il ritmo del racconto, richiamando alla memoria dello spettatore, salite, discese, e silenzi improvvisi.

Il testo, concentrato e suggestivo, alterna passaggi sentimentali a momenti di cruda narrazione storica, rievocando un’Italia tra la “I° Guerra Mondiale”, il fascismo, la tanta fame e miseria post bellica in Italia e gloria sportiva. Ventrella trasmuta le vicende del ciclista in uno specchio di una nazione in trasformazione e per la sua, per alcuni, “misteriosa” morte, ha cercato di evitare simbolismi o “altre verità”: Ventrella evita la trappola del dramma e sceglie piuttosto i “tre puntini di sospensione”, il non detto, lasciando spazio allo spettatore per darsi una risposta.

Un piccolo grande cadeau teatrale che merita di essere visto .

In replica alla “Sala Bartoli” de “Il Rossetti” il 14 Maggio alle ore 21,00

“ORLANDO NON FA SUONARE IL CORNO:

MITO E LEGGENDA DI OTTAVIO BOTTECCHIA”

Scritto e raccontato da Riccardo Ventrella

Con Klaus Martini e la voce di Jauris Casanova

Chitarra Vieri Sturlini

Luci e Audio Samuele Batistoni

Scene tecnici di palcoscenico della Fondazione Teatro della Toscana

Costruzione oggetti Gisella Butera

La bicicletta è stata ricostruita da Simoncini Telai – Castelfiorentino 

Produzione Teatro della Toscana, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Théâtre de la Ville – Parigi e la collaborazione di Qendra Multimedia – Prishtina