di Jacopo Tommasini
Foto Massimo Tommasini
In concorso nella sezione Orizzonti, all’82° Mostra del Cinema di Venezia, Kent Jones presenta Late Fame, con protagonisti Willem Dafoe e Greta Lee, tratto dall’omonima novella di Arthur Schnitzler.
Willem Dafoe veste i panni di Ed Saxberger, un impiegato postale che da giovane divenne noto a New York come poeta; le sue poesie vengono riscoperte da un lusinghiero ammiratore, che lo incita ad entrare a far parte del proprio circolo letterario. I membri che compongono il gruppo sono interessati all’arte e alla letteratura più per autocompiacimento che per vocazione: tra giovani spigliati e di famiglia benestante, smaniosi di fare sfoggio delle proprie conoscenze, spicca per personalità l’affascinante Gloria, una talentosa attrice in cerca di fama, interpretata da Greta Lee (celebre al grande pubblico per l’ottima prova tenuta nell’opera prima della regista sudcoreana Celine Song, Past Lives).

Adulato dalla stima che i ragazzi nutrono nei suoi confronti, verrà spronato a ricominciare a scrivere, dopo molti anni dall’ultima volta. Sarà ancora in grado di farlo, per ottenere la stima del gruppo?
Ciò su cui si concentra il film riguarda la frattura tra due epoche diametralmente opposte, personificate da due generazioni di artisti diversi in tutto e per tutto: se da un lato Ed incarnò in gioventù i valori e lo stile di vita degli artisti Beat, scrivendo per dare sfogo a un’inestricabile propensione artistica, i giovani che lo lodano, invece, si ergono deliberatamente a nuovi custodi e promulgatori di cultura. Un’intenzione così spropositata li conduce ad impiegare atteggiamenti sussiegosi e disprezzanti, oltre ad esibire in giro ieratici e ampollosi sermoni. La sceneggiatura di Samy Burch, ispirata alla novella di Schnitzler, affronta con lucidità e sensibilità il tema della degenerazione degli ideali una volta calati nella realtà del contesto sociale. Il regista americano riesce efficacemente a mostrare come le altezzose dottrine professate dai protagonisti si traducano in azioni ipocrite e contraddittorie, riuscendo a non scadere mai nel didascalismo.

Con Late Fame, Kent Jones firma un’opera raffinata e arguta, capace di interrogarsi con intelligenza sul senso dell’autenticità artistica in un’epoca dominata dall’apparenza e dall’autoreferenzialità. Attraverso una regia sobria ma posata e interpretazioni di grande finezza – in particolare quelle di Willem Dafoe e Greta Lee – il film riflette sul valore della coerenza di chi, in un’epoca che premia l’apparenza, tenta ancora di cercare verità nella parola scritta.