Barbara Bove Angeretti, psicologa e autrice di Educare con empatia, sottolinea l’importanza di riconoscere i bisogni unici di ogni bambino e di gestire con attenzione le dinamiche familiari per mantenere un ambiente sereno e armonioso.
Secondo figlio: la chiave educativa è il trattamento equo
Il secondo figlio entra in una famiglia che ha già una storia, un linguaggio relazionale, aspettative e regole spesso modellate sul primo. In questo scenario, il secondogenito può sviluppare:
▸ un senso di comparazione e competizione con il fratello o la sorella maggiore. Spesso sono i genitori a supportare queste dinamiche proponendo delle gare per ottenere collaborazione “Vediamo chi finisce prima di lavare i denti!”, “Vediamo chi mette a posto più giocattoli”;
▸ una percezione di svantaggio “sono arrivato dopo”, “non ho lo stesso spazio”;
▸ oppure un atteggiamento di compiacenza o sottomissione, nel tentativo di non disturbare un sistema già consolidato.
Per evitare squilibri relazionali e vissuti ingiusti, come riportato anche nel libro Educare con Empatia, è fondamentale che i genitori imparino a trattare i figli in modo equo, riconoscendo le loro differenze individuali di temperamento, bisogni, età, sensibilità e rispondere a ciascuno con attenzione e misura, senza favoritismi, ma con flessibilità. In questo modo, ogni figlio si sentirà accolto e rispettato per quello che è, senza dover competere per conquistare uno spazio che dovrebbe spettargli di diritto.
“I figli sono unici, non uguali”, dichiara la dottoressa Bove Angeretti, “e infatti non si possono trattare ugualmente, ma equamente sì! Trattare equamente significa dare valore e riscontro ai “diversi” bisogni di ciascuno, senza fare i giudici e stabilendo torto o ragione durante i litigi e senza etichettare i figli in base ai loro comportamenti. Uno strumento su tutti, imprescindibile per qualunque genitore è: la regola.”
Le scelte genitoriali influenzano profondamente la costruzione dell’identità dei figli. Evitare a un bambino ogni tipo di frustrazione non significa proteggerlo, ma privarlo della possibilità di sviluppare resilienza e autonomia emotiva. L’educazione equilibrata richiede la capacità di riconoscere i propri vissuti ed evitare di proiettarli sui figli, affinando la consapevolezza di ciò che si trasmette loro attraverso il proprio modo di essere e relazionarsi.

