Questa mostra è un tentativo di uno sguardo d’insieme nell’arte – meglio dire: nelle arti – della Venezia Giulia, con l’occhio rivolto anche a Fiume e alla Dalmazia dall’inizio del Novecentosino agli anni Trenta del secolo trascorso.Una visione a 360 gradi fra architettura, scultura, decorazione, pittura, illustrazione, arti applicate, artigianato, “costume”, cercando il tempo, l’artista e l’opera e andando ad incontrare sì chi nacque, visse e creò in quest’area, ma anche chi trovò fortuna altrove e qui non sarebbe più tornato e per la Venezia Giulia non avrebbe mai, o quasi, dato. Ancora: in mostra vediamo anche altre realtà e altri geni, di altri luoghi, che produssero per la nostra terra. E un ultimo spunto: la Venezia Giulia vivrà i tempi fra il Liberty e il Déco celando e scoprendo dietro le occhiaie liberty dei palazzi, oltre quei muri che poi si squadreranno più secchi quando il decoro floreale lascerà spazio alle semplificazioni, mille sorprese nell’arredo e nell’oggetto che fa bella la casa. Porcellane, ceramiche, bronzi, vasi, vetri, pannelli che in trenta/quarant’anni ci mostreranno quanto questa terra sia stata capace di accogliere ed apprezzare  il meglio che il mercato poteva offrire. A Trieste, ma anche a Pola, a Fiume, a Gorizia, non sarà difficile ritrovare oggetti di grandi firme, il servizio di bicchieri che esce dal disegno di Hoffmann, il piatto della WienerWerkstätte, la donnina in bronzo di Chiparus, il vaso di Gallé o la ciotola di Lalique. Fino a scoprire che anche in case non ricchissime poteva trovare spazio una ceramica della Lenci, una testa femminile inventata da Sandro Vacchetti, una piastrella di Gio Ponti, un pochoir di Brunelleschi o un bucchero, se non un bronzo, di Cambellotti. Anche questa sarà la Venezia Giulia fra Liberty e Déco, quella che in questa rassegna cercheremo di mostrare.

Liberty. Alzi gli occhi, giri per Trieste, trovi facciate, strutture, decorazioni, portoni e portali. A Fiume la stessa cosa. Architetti, alcuni grandi, una manciata grandissimi, alcuni assai poco noti. Pure l’impronta secessionista, il colpo di frusta da japonismeo la razionalizzazione di cerchi e linee rette da WienerWerkstätte, offrono toni e  colpi da maestro. Decoratori, gli uomini che servono per condire la scena delle scelte dell’architetto, se non scultori per dare un profumo ancora più forte. Fiori stilizzati, la rosa di Mackintosh, ripresa e perpetuata sulle facciate delle case.

Déco.Nelle cose, più che nelle case. A volte, sulle case; sicuramente, dentro le case.

Scultura. Da Ruggero Rovan sino a Ivan Rendić, poi Giovanni Marin che liberteggia e, dopo un attimo, Attilio Selva. Poi c’è Franco Atschko-Asco, ci sono i suoi allievi, si trasfigura: Déco? Qui il pensiero va verso due scultori giovanissimi, Marcello Mascherini e Ugo Carà.

Naturalmente, pittura e illustrazione poiché sovente il pittore è anche illustratore. E viceversa. Nella Venezia Giulia individuare un pittore che sia squisitamente liberty oppure definibile déco non è cosa facile. Rudolf Kalvach, viennese/triestino, cos’è? Come definire, dove inserire le xilografie del porto di Trieste? Ma, poi, nella sua esperienza alla WienerWerkstätte, quelle cartoline con gli esseri grotteschi, in colori forti e, soprattutto, netti sono Secessione?

Argio Orell, con studi monacensi, allievo di von Stuck, può essere inserito nella dimensione secessionista, per un periodo e per parte della sua produzione. Così Vito Timmel, che fu a Vienna e avrebbe voluto essere, senza riuscirsi, allievo di Klimt. E di chiara e squisita ispirazione klimtiana restano alcune sue opere superbe. Poi, però, tanto quanto Orell, in pittura, si avvicinerà ai canoni novecentisti, altrimenti i modi di Timmel potranno essere inseriti in una dimensione déco, anche qui, però, per un periodo e per parte della sua produzione. Liberty, senz’altro, sarà il poco noto, eppure formidabile, allievo di Orell, Umberto Schiavon, che ci ha lasciato alcune opere di rara efficacia e di eccelsa capacità decorativa. Egli esemplificherà in maniera suggestiva il passaggio dal Liberty al Déco.

Déco:il più genuino esempio nostroè Mariella Polli, in arte Popi. “Figurinista” la Popi, negli anni Trenta, interpretò l’Art Déco  con uno stile da farsi rivale a Gio Ponti e le sue donnine, le deliziosamente frivole cocotte, i profili che nulla hanno da invidiare agli Accornero, i colori pastello e l’uso dell’argento e della porporina, ne fecero la perfetta interprete del momento.

Forse tutto questo lo avremmo potuto trovare ovunque. Ma la nostra è stata terra di passaggio, con un mare grande, con navi che imbarcavano e sbarcavano, terra di incontro di gente e di gusti, di nuovo ed antico. Sì, fra il nascere del Novecento e gli anni Trenta, pur con una guerra grande in mezzo e una che sarebbe arrivata a rivoltare il mondo, l’arte, anche nelle piccole cose, l’arte, anche nel quotidiano, sarebbe arrivata da ogni dove, a portare opere grandi e minime, a mostrare segni. Fra Liberty e Déco. E questi che vedrete sono solo piccoli spunti.

La mostra, con ricco catalogo, resterà aperta fino al 1° febbraio 2026, ogni giorno con il seguente orario: 10.30-12.30 e 16.30-18.30. INGRESSO LIBERO