
Da anni il pubblico italiano conosce e ama Andrea Camilleri soprattutto attraverso il suo personaggio più celebre, il Commissario Montalbano, e il paese inventato di Vigata, che ne fa da sfondo. Tuttavia non tutti, nemmeno tra i suoi lettori più affezionati, sono pienamente consapevoli della profonda e originaria vocazione teatrale dello scrittore siciliano.
Prima ancora di affermarsi come romanziere, infatti, Camilleri ha vissuto il teatro come luogo naturale di espressione creativa: già tra gli anni Quaranta e Cinquanta si occupava attivamente di regia, messa in scena e traduzioni di testi drammatici, maturando una conoscenza diretta e concreta del linguaggio teatrale.
Questa doppia anima, letteraria e scenica, emerge con particolare evidenza negli adattamenti teatrali dei suoi romanzi, spesso realizzati in stretta collaborazione con Giuseppe Dipasquale. È grazie a questo sodalizio artistico che opere come “Il Birraio di Preston”, “La concessione del Telefono” e “Il Casellante” hanno conosciuto una nuova vita sul palcoscenico, dimostrando quanto la creatività di Camilleri fosse trasversale e capace di attraversare generi e linguaggi differenti.
Non solo narrativa dunque, ma anche drammaturgia, regia e pensiero teatrale.
Portare in scena “Il Birraio di Preston” non è mai un’operazione semplice. Il romanzo, infatti, si fonda su una struttura narrativa complessa, frammentata, costruita per accumulo di voci e punti di vista che si contraddicono e si sovrappongono.
È un racconto volutamente disordinato, disseminato di slittamenti temporali e prospettive parziali, che evita ogni linearità.
Proprio per questo motivo, affidarne la regia a Giuseppe Dipasquale, che del testo conosce ogni sua piega e la riduzione teatrale dello stesso Camilleri, si rivela una scelta non solo naturale, ma necessaria.
Dipasquale affronta il testo scegliendo consapevolmente la strada più rischiosa e al tempo stesso più coerente: non semplificare il caos narrativo, bensì dargli corpo scenico, trasformando il “disordine” in linguaggio teatrale. Ne nasce uno spettacolo energico, rumoroso, talvolta volutamente sfrontato, che restituisce intatta la vitalità contraddittoria della Sicilia post-unitaria e riflette con grande fedeltà lo spirito ironico e corrosivo di Camilleri. Il palcoscenico diventa così uno spazio brulicante, instabile, dove ogni certezza è messa in discussione.
La regia mette inoltre in evidenza un aspetto centrale del romanzo: il suo essere teatro che riflette su se stesso. Ciò che accade in scena richiama continuamente la natura fittizia dell’evento teatrale, proprio come Camilleri nei suoi libri mescola piani narrativi, documenti immaginari e voci discordanti. Il risultato è un continuo gioco tra finzione e realtà che coinvolge attivamente lo spettatore, trascinandolo dentro l’assurdità burocratica, politica e sociale dell’epoca.
La vicenda è ambientata nella Vigata di fine Ottocento, in un delicato periodo post-unitario. La trama si sviluppa come un mosaico narrativo: ogni capitolo è qui ogni scena, e il “Narratore” d’eccezione: ‘ottimo e incantevole attore Edoardo Siravo ci offre una linearità al susseguirsi degli eventi, poiché la trama stessa ci offre una versione differente degli eventi stessi, componendo un quadro frammentario in cui la verità definitiva resta sempre sfuggente.
Al centro della storia si colloca la figura del Prefetto “toscano” Eugenio Bortuzzi, interpretato magistralmente da Paolo La Bruna, uomo rigido, animato da un’idea paternalistica e “civilizzatrice” del Sud, deciso a inaugurare il nuovo teatro cittadino imponendo alla popolazione un’opera lirica a lui cara: “Il Birraio di Preston” di Luigi Ricci, mentre gli stupendi attori, Federica De Benedittis – ricordiamo la splendida carriera di attrice ormai affermata e richiesta, ma nata nella Compagnia dello Stabile “Il Rossetti” sotto le regie di Franco Però”- e Mimmo Mignemi, affrontano ruoli complessi di molteplici protagonisti con grande naturalezza e padronanza scenica.
I loro personaggi emergono attraverso accenti, ritmi e gestualità profondamente radicati nella tradizione siciliana, come lo stesso Camilleri avrebbe voluto. Il Prefetto Bortuzzi è reso con una controllata arroganza istituzionale, capace di scivolare nel grottesco senza mai diventare caricatura. I personaggi popolani acquisiscono una forte concretezza fisica, mentre quelli più apertamente comici evitano la facile scorciatoia del riso immediato, restando ancorati a una solida satira di costume.
Quella che dovrebbe essere una celebrazione culturale si trasforma però in una miccia pronta a esplodere. L’opera, sconosciuta e mal sopportata dai vigatesi, viene percepita come l’ennesima imposizione del potere centrale. Camilleri utilizza questo pretesto narrativo per trasformare il teatro stesso in simbolo del malcontento popolare nei confronti dell’autorità statale.
Dopo la prima rappresentazione, la città viene travolta da incidenti, disordini e situazioni farsesche, raccontate di volta in volta da testimoni diversi, ciascuno portatore di una propria verità parziale.
Attraverso questa struttura corale, Camilleri, tanto nel romanzo quanto nell’adattamento teatrale, mette in scena una riflessione profonda e amara sull’autoritarismo e sulla burocrazia, capaci di generare caos anziché ordine. Vigata, piccola comunità apparentemente marginale, diventa così luogo di una resistenza ironica e sotterranea, in cui la verità ultima degli eventi si disperde irrimediabilmente tra versioni contrastanti.
La regia di Dipasquale restituisce tutto questo con intelligenza e misura, offrendo uno spettacolo ironico ma mai superficiale, profondo senza risultare pesante. La scelta di guidare gli attori verso una recitazione corale, compatta, rafforza l’idea di una comunità in cui nessun personaggio è realmente protagonista assoluto.
Le scenografie di Antonio Fiorentino si rivelano parte integrante della drammaturgia. Non puntano al realismo, ma alla suggestione: legni grezzi, fondali mobili, aperture continue evocano un teatro ottocentesco in disfacimento, vivo e pulsante come un personaggio aggiunto. L’illuminazione lavora per piani e contrasti, alternando luci calde e ambrate a chiaroscuri più netti, creando atmosfere polverose e vibranti che rimandano alla Sicilia immaginata da Camilleri. Mentre Stefania Centini e Fabrizio Buttiglieri, grazie all’intuizione di Gemma Spina danno risalto e temporalità di una Sicilia ottocentesca.
Non resta che applaudire questo “Birraio di Preston”: uno spettacolo vivace, stratificato, ricco di livelli di lettura, nel quale si respira profondamente la voce di Andrea Camilleri. Una voce capace di tenere insieme tradizione e modernità, comicità e critica sociale, teatro e letteratura, dimostrando ancora una volta la sua straordinaria e multiforme grandezza.
In scena alla “Sala Assicurazioni Generali” de “Il Rossetti” il venerdì 19 Dicembre alle ore 20.30, sabato 20 Dicembre alle ore 19.30 e domenica 21 Dicembre alle ore 16.00
IL BIRRAIO DI PRESTON Tratto dal romanzo di Andrea Camilleri
Pubblicato da Sellerio editore
Riduzione teatrale Andrea Camilleri – Giuseppe Dipasquale
Regia Giuseppe Dipasquale
Scene Antonio Fiorentino
Costumi ripresi da Stefania Cempini e Fabrizio Buttiglieri da un’idea di Gemma Spina
Interpreti e personaggi
Edoardo Siravo Autore che interpreta: Fridolin Hoffer, Orlando, Gaspano, Salamone, Comm. Restuccia, Servo Circolo, Annunciatore, Milite, Uomo retropalco
Federica De Benedittis: Concetta Riguccio, Agatina Riguccio, Gerd Hoffer
Mimmo Mignemi: Don Memè Ferraguto, Don Pippino Mazzaglia Uomo che passa, Uomo retropalco
Gabriella Casali: Pina Colombo, Effy (Opera), Coro fedeli, Zia Pizzuto
Pietro Casano Questore Colombo, Giosuè Zito, Don Gaetanino, Antonino Pizzuto, Decu Garzia, Uomo di Hoffer, Coro fedeli, Pubblico Opera, Uomo retropalco
Luciano Fioretto: Marchese M. Coniglio, Pilade Spadolini, Vidusso Catalanotti, Girlando, Daniele (Opera), Uomo di Hoffer, Coro fedeli, Pubblico Opera
Federica Gurrieri: Angelica Gammacurta, Controfigura Concetta Riguccio, Figlia Pizzuto, Coro fedeli, Pubblico Opera
Paolo La Bruna: Prefetto Bortuzzi, Canonico Bonmartino, Gegè Bufalino, Ninì Prestia, Uomo di Hoffer, Pubblico Opera, Uomo retropalco
Zelia Pelacani Catalano: Giagia Bortuzzi, Gna Nunzia, Cameriera Mazzaglia Moglie Pizzuto, Coro fedeli, Pubblico Opera
Valerio Santi: Delegato Puglisi, Tano Barreca, Cavaliere Mistretta Controfigura Gaspano, Uomo di Hoffer, Coro fedeli Pubblico Opera, Uomo retropalco
Vincenzo Volo: Dott. Gammacurta, Meli, Turiddu Macca, Nando Traquandi, Uomo di Hoffer, Coro fedeli, Pubblico Opera, Uomo retropalco
Produzione “Marche Teatro”, “Teatro Al Massimo” di Palermo, “Teatro di Roma”
L’iniziativa si inserisce nel programma del Centenario Camilleri promosso dal Fondo Andrea Camilleri con il Comitato Nazionale Camilleri 100