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Veglia Pasquale nella Notte Santa

Inserito da Paolo Bencich | Apr 21, 2025 | Attualità | 0 |

Veglia Pasquale nella Notte Santa

DIOCESI DI TRIESTE

Veglia Pasquale nella Notte Santa

✠ Enrico Trevisi

Cattedrale di San Giusto, 20 aprile 2025

Cari fratelli e sorelle,
Amati fratelli e sorelle: Ljubljeni bratje in sestre

Papa Francesco nella Spes non confundit al n. 18 afferma:

La speranza, insieme alla fede e alla carità, forma il trittico delle “virtù teologali”, che esprimono l’essenza della vita cristiana (cfr. 1Cor 13,13; 1Ts 1,3). Nel loro dinamismo inscindibile, la speranza è quella che, per così dire, imprime l’orientamento, indica la direzione e la finalità dell’esistenza credente. Perciò l’apostolo Paolo invita ad essere «lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12). Sì, abbiamo bisogno di «abbondare nella speranza» (cfr. Rm 15,13) per testimoniare in modo credibile e attraente la fede e l’amore che portiamo nel cuore; perché la fede sia gioiosa, la carità entusiasta; perché ognuno sia in grado di donare anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza. Ma qual è il fondamento del nostro sperare? Per comprenderlo è bene soffermarci sulle ragioni della nostra speranza (cfr. 1Pt 3,15).

In questo Giubileo, ancor più in questo tempo di Pasqua, cerchiamo di abbondare nella speranza, e dunque in un orientamento positivo della vita e dei nostri pensieri e progetti e azioni. Un orientamento che si basa non su ideologie di partito, non sulle prepotenze che spesso gli autocrati del mondo esibiscono, ma sul fatto che il Signore è vivo, è risorto, è in mezzo a noi, e noi tendiamo a Lui.

Ecco perché il papa parla di una fede gioiosa. Non una fede tiepida, triste, come di un’adesione che lascia perplessi coloro che incontriamo. Se essere cristiani significa vivere da permalosi, polemici, individualisti… quale è la differenza cristiana che noi sappiamo esibire rispetto al mondo? Una fede gioiosa è una fede che contagia, che tocca i cuori di chi incontriamo, che dà coraggio nell’affrontare le sfide della vita. Anche noi con gioia possiamo dire: “abbiamo visto il Signore!”. Lo abbiamo visto e incontrato nel ritrovarci a celebrare l’eucaristia, nella lettura del Vangelo, nell’amore fraterno, nei poveri che ci ripresentano il volto del Signore.

Il Papa parla di una carità entusiasta e fa riferimento a cose semplici e quotidiane che però esprimono la novità cristiana: un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito… Tutti siamo capaci di queste cose. Esse dicono che il Vangelo si esprime nella vita quotidiana: in essa traspare la novità dell’amore di Cristo che non cerca alibi: Lui sempre ama, fino al dono di sé.

Fede, speranza e carità. Noi siamo chiamati a vivere con queste virtù teologali, che significa doni infusi dallo Spirito.

Doni da accogliere, da custodire, da trafficare.

Ma al fondamento di tutto ci sta Gesù, morto e risorto. E dunque il dono dello Spirito e delle virtù teologali. Così ancora scrive papa Francesco per questo nostro Giubileo:

Gesù morto e risorto è il cuore della nostra fede. San Paolo, nell’enunciare in poche parole, utilizzando solo quattro verbi, tale contenuto, ci trasmette il “nucleo” della nostra speranza: «A voi […] ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (1Cor 15,3-5). Cristo morì, fu sepolto, è risorto, apparve. Per noi è passato attraverso il dramma della morte. L’amore del Padre lo ha risuscitato nella forza dello Spirito, facendo della sua umanità la primizia dell’eternità per la nostra salvezza (n. 20).

Ecco la speranza cristiana: davanti alla morte, quando tutto sembra finito e spento, noi proclamiamo la vita in Dio, la vita vera. Per il Battesimo noi diciamo: «la vita non è tolta, ma trasformata» [prefazio defunti 1] per sempre. Richiamiamo il valore del nostro Battesimo e testimoniamolo con le vesti candide della vita nuova in Cristo: nel Battesimo siamo sepolti insieme con Cristo, riceviamo da Lui risorto la vita nuova, e fin da adesso possiamo vivere qualcosa dell’eternità. Certo protesi alla pienezza e al compimento, quando lo vedremo faccia a faccia e contempleremo il suo volto in una fraternità vera, nella comunione tra noi e con Dio che è il Paradiso.

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Paolo Bencich

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