Una giornata di confronto tra istituzioni, ricerca e filiera produttiva sulle nuove sfide e traiettorie del Pinot Grigio del Triveneto

Si è svolto ieri a Trento il Congresso annuale del Consorzio DOC Delle Venezie, una giornata intensa di approfondimenti che ha riunito istituzioni, docenti universitari, esperti del settore, produttori e rappresentanti della filiera per discutere le prospettive future del Pinot Grigio del Triveneto. L’incontro, realizzato con il patrocinio della Provincia autonoma di Trento e della Federazione Trentina della Cooperazione, sede del Convegno, ed il supporto di Trentino Marketing, ha offerto una lettura aggiornata delle sfide poste dal cambiamento climatico, dei nuovi scenari economici e dei prossimi sviluppi normativi che interesseranno la denominazione.

All’interno di un sistema produttivo che oggi rappresenta una delle realtà più ampie d’Europa – con 27.000 ettari vitati e 1,7 milioni di ettolitri imbottigliati nel 2024 – il Congresso ha evidenziato la centralità della DOC Delle Venezie nel panorama vitivinicolo internazionale. Un modello di integrazione interregionale che unisce Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Provincia autonoma di Trento e che, anche quest’anno, ha riaffermato la volontà di rafforzare il dialogo tra territori, ricerca e imprese.

La giornata si è aperta con i saluti istituzionali di Luca Rigotti, Presidente del Consorzio DOC Delle Venezie, e dei rappresentanti delle istituzioni territoriali: Stefano Zannier, Assessore alle Risorse Agroalimentari, Forestali e Ittiche della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Alberto Zannol, Direttore Generale area marketing territoriale, cultura, turismo, agricoltura e sport della Regione del Veneto e, a fare gli onori di casa, Giulia Zanotelli, Assessore all’agricoltura, promozione dei prodotti trentini, ambiente, difesa idrogeologica e enti locali della Provincia autonoma di Trento, che ha ricordato come il Trentino abbia sempre affiancato, con gli altri due territori, la crescita del Consorzio delle Venezie e stia lavorando per affrontare sfide oggi cruciali, quali una gestione più efficace delle criticità, l’innovazione varietale e un utilizzo più sostenibile delle risorse.

La prima sessione “Cambiamento climatico e paesaggio viticolo: strategie di adattamento e sostenibilità per le imprese” ha messo in evidenza l’importanza di un approccio interdisciplinare che unisca competenze agronomiche, giuridiche, ambientali e culturali. Si sono affrontati temi legati agli effetti del cambiamento climatico e alle strategie di adattamento della viticoltura del Triveneto, fornendo elementi concreti per il futuro della filiera.

Ad aprire i lavori Dino Zardi, Professore dell’Università di Trento, Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica e Centro Agricoltura Alimenti Ambiente (C3A): “I dati mostrano che dalla metà del secolo scorso le temperature sono in costante aumento, con una forte accelerazione negli ultimi quarant’anni, mentre la CO₂ – stabile fino all’Ottocento – è cresciuta per effetto delle emissioni provenienti dall’attività antropica. Questo comporta scioglimento dei ghiacciai, alterazioni dei microclimi, specie invasive e piogge meno frequenti ma molto più intense. Le proiezioni di Arpa Veneto e Arpa FVG indicano che, senza interventi globali incisivi, questi trend continueranno”.

A seguire Giuseppe Blasi, Capo Dipartimento della Politica Agricola Comune e dello Sviluppo Rurale del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF): “Le imprese devono affrontare il cambiamento climatico con strumenti efficaci e sostenibili, e per questo in Europa si lavora su fitosanitari e NGT-TEA, ambiti in cui il CREA è impegnato con nuovi programmi dedicati al settore vitivinicolo. Serve un accordo rapido sulle tecniche genomiche – ha proseguito Blasi – fondamentali per la sostenibilità. La PAC resta complessa: occorrono più risorse e vere semplificazioni, e continueremo a chiedere regole più leggere e una programmazione più funzionale”.

Maria Chiara Zaganelli, Direttore Generale CREA-Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, racconta al pubblico come “il CREA oggi offra un supporto strategico all’agricoltura grazie a un vasto patrimonio di dati e a programmi di ricerca sempre più mirati. Stiamo rafforzando gli studi genetici sulle varietà resistenti e le sperimentazioni enologiche, compresi i vini a basso grado senza dealcolazione. Tutto questo è possibile grazie ai 5.000 ettari delle aziende sperimentali, che ci permettono di valutare i vitigni in diverse condizioni pedoclimatiche”. 

AncheAlessandro Armani, Responsabile beni Nord-Est del FAI-Fondo per l’Ambiente Italiano, ha sottolineato che il cambiamento climatico incide non solo sulle produzioni agricole ma anche sulla gestione dei beni culturali e paesaggistici e sulla fruizione turistica dei territori. “Il clima cambia – osserva – e con esso cambiano le regole del paesaggio e della sua valorizzazione”. Il FAI promuove infatti l’agroecologia come risposta alla crisi climatica, integrando produzione, tutela dell’ambiente e salvaguardia del paesaggio, anche viticolo. Un esempio emblematico è il vigneto storico di Villa dei Vescovi nei Colli Euganei, parte dell’areale della DOC Delle Venezie, che il FAI valorizza come modello di armonia tra agricoltura, cultura e territorio.

In collegamento, partecipa alla tavola rotonda anche Paolo De Castro, Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo. “In un clima oggi non certamente euforico per l’agroalimentare, che dopo anni di espansione mostra segnali di contrazione, tra dazi e cambiamenti nei consumi, il nuovo Regolamento (UE) 2024/1143, frutto di un lavoro durato quasi due anni, grazie anche al contributo di Luca Rigotti in qualità di Presidente del Gruppo di Lavoro Vino del Copa-Cogeca, rafforza il ruolo dei Consorzi nella gestione del territorio, nella tutela del paesaggio e nella promozione dell’enoturismo. Il prossimo passo è legare ai disciplinari anche un piano di sostenibilità, è qui che si gioca il futuro del settore”.

Filippo Moreschi,UGIVI-Unione Giuristi della Vite e del Vino, ha argomentato in merito agli aspetti giuridici legati alla tutela e alla gestione del paesaggio: “Il paesaggio è regolato da diversi livelli normativi e richiede una pianificazione che valuti l’impatto delle trasformazioni future in un’ottica di sviluppo sostenibile. Gli strumenti attuali prevedono anche il monitoraggio costante dei risultati, come accade nell’areale delle Venezie con il controllo della superficie agraria utile e dell’equilibrio tra bosco e vigneto. La vera sfida della sostenibilità resta però la raccolta dei dati: solo conoscendo a fondo territori e aziende si possono prendere decisioni consapevoli e coerenti con le nuove esigenze ambientali e produttive”.

Luca Rigotti ha chiuso la sessione con una riflessione sul futuro del comparto del Pinot Grigio, alla luce della necessità di coniugare sostenibilità ambientale ed economica, con un riferimento all’evoluzione del sistema Pinot Grigio interregionale: “Il mondo agricolo e viticolo ha da tempo compreso che il futuro va in questa direzione. Oggi siamo chiamati a interpretare i cambiamenti in atto: dal clima alle aspettative dei consumatori, fino alle nuove sensibilità delle giovani generazioni. Serve un vero cambio di paradigma nel nostro approccio produttivo. La sperimentazione che stiamo portando avanti riguarda le varietà resistenti, i vini di basso grado naturale e nuovi stili di Pinot Grigio capaci di rispondere ai gusti emergenti. Siamo inoltre impegnati ad accrescere la notorietà e il prestigio del marchio istituzionale “Pinot Grigio Delle Venezie”, che sempre più deve affermarsi come risorsa per tutti i territori coinvolti. Ancora una volta dobbiamo interpretare il cambiamento, ma con strumenti nuovi: il valore non risiede solo nel prodotto finale, ma anche nella connessione tra persone, territori e radici culturali”.

Nella seconda parte del Congresso, “Il futuro del Pinot Grigio del Triveneto: innovazione, ricerca varietale e scenari normativi”, di taglio più tecnico, il focus si è spostato sull’innovazione e sulla ricerca applicata alla viticoltura, direzioni intraprese con impegno e convinzione dal Consorzio DOC Delle Venezie in riferimento alla produzionedi Pinot Grigio DOC Delle Venezie a basso contenuto alcolico naturale ed al possibile contributo dell’introduzione di varietà resistenti nella quota complementare del disciplinare DOC Delle Venezie. Il cambiamento climatico sta influenzando in modo significativo la fisiologia della vite e le caratteristiche qualitative dei vini del Triveneto. Gli esperti intervenuti hanno condiviso nuove soluzioni agronomiche, enologiche e varietali, presentando anche i risultati dei progetti scientifici promossi dal Consorzio in collaborazione con università e centri di ricerca (CREA-VE, Università di Udine, Università di Padova, Veneto Agricoltura, Vivai Cooperativi Rauscedo Research Center e la Fondazione Edmund Mach).

Ad aprire Luigi Bavaresco, Professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha analizzato gli effetti del cambiamento climatico sul comportamento della vite, con particolare riferimento all’area del Triveneto. “Il Pinot Grigio è una varietà precoce fortemente influenzata dal cambiamento climatico: oggi nel mondo se ne coltivano circa 63 mila ettari, di cui quasi la metà in Italia, distribuiti a livello globale tra aree fredde (10%), temperato-calde (35%) e molto calde (55%). Pur prediligendo i climi freschi, questa varietà negli anni – grazie ovviamente all’intervento di agronomi ed enologi – ha saputo adattarsi anche alle zone meno vocate. Ma le previsioni di un aumento progressivo delle temperature, unite alla crescente domanda di vini a bassa gradazione alcolica, nel futuro potrebbero mettere a rischio sia la qualità sia la richiesta di mercato del Pinot Grigio”.

Paolo Sivilotti, Professore dell’Università degli Studi di Udine, Dipartimento di Scienze Agroalimentari, Ambientali e Animali, ha poi illustrato alcune tecniche agronomiche impiegate nell’ambito del progetto di ricerca promosso dal Consorzio Delle Venezie e condiviso con il CREA-VE, Università di Padova, Veneto Agricoltura, Fondazione E. Mach e VCR Research Center. “Le prove e le degustazioni dimostrano che, nella ricerca agronomica, ci sono ancora margini importanti di miglioramento, sia sul fronte del basso grado naturale sia sull’impiego delle varietà resistenti. Il nostro compito è continuare a mettere a disposizione ‘pillole’ di conoscenza che permetteranno ai viticoltori di utilizzare un protocollo consolidato per la produzione di vini di qualità a basso grado naturale”.

Simone Vincenzi, Professore dell’Università degli Studi di Padova, DAFNAE, ha offerto invece il punto di vista enologico e gli strumenti utilizzabili durante i processi di cantina: “La dealcolazione è uno strumento utile soprattutto per quella parte di mercato che richiede prodotti completamente analcolici. Qui, invece, parliamo di basso grado naturale: un obiettivo che si può raggiungere in vigneto e in cantina, attraverso pratiche enologiche mirate. È un cambio di prospettiva importante: se per anni la viticoltura ha lavorato per aumentare il grado alcolico oggi, con le stesse competenze, dobbiamo imparare a fare il contrario”.

Riccardo Velasco, Direttore CREA-VE, ha introdotto le prospettive rispetto all’applicazione delle tecniche di evoluzione assistita (TEA). “Sul fronte delle TEA abbiamo prospettive molto interessanti: le prime piante sono già in campo e a breve ne avremo di nuove, con risultati attesi nei prossimi anni di sperimentazione. Altre linee seguiranno sulla base degli studi genetici e saranno testate anch’esse in campo nel lungo periodo. Ci vorranno tempo e tanta ricerca per ottenere varietà editate utilizzabili, non solo resistenti alle malattie ma anche adattate alle nuove esigenze colturali poste dal cambiamento climatico”.

Marco Stefanini, Tecnologo e Ricercatore della Fondazione Edmund Mach, ha presentato il contributo e le innovazioni in materia di varietà resistenti (PIWI): “Oggi in Italia sono iscritte 36 varietà PIWI. Serve più varietà per garantire una vera variabilità genetica e ci stiamo lavorando: nei prossimi anni avremo più tipologie resistenti pronte all’uso. L’innovazione genetica non è un’opzione, ma una necessità ambientale: le varietà PIWI permettono infatti di ridurre i trattamenti fitosanitari, favorendo una viticoltura a basso impatto”.

La giornata si è chiusa con Michele Zanardo, Presidente del Comitato Nazionale Vini DOP e IGP, che ha fornito un aggiornamento sul quadro normativo in materia di Indicazioni Geografiche, anche in riferimento alle novità introdotte dal Reg. (UE) 2024/1143.“Il nuovo Regolamento propone una visione ampia di sostenibilità che integra aspetti ambientali, economici e sociali. La sfida ora è trasformare questi principi in strumenti concreti. A mio avviso la gestione operativa dei piani di sostenibilità inseriti dal regolamento europeo di riforma delle IG dovrebbe essere territoriale, cioè coordinata anche attraverso il contributo dei Consorzi e soprattutto delle Regioni, in grado di intervenire in modo più flessibile e rapido”.

Il Congresso di Trento ha confermato la sua funzione di laboratorio di idee e di indirizzo strategico, riaffermando la volontà del sistema Pinot Grigio del Triveneto di investire in conoscenza, innovazione e sinergie territoriali per affrontare con consapevolezza le sfide del futuro.