In scena al “Il Rossetti”, tratto dall’opera autobiografica dello stesso Alessandro Haber in collaborazione con Mirko Capozzoli per i tomi de “Baldini&Castoldi, “Volevo Essere Marlon Brando”, Haber ci ha offerto uno spettacolo senza filtri, parlando della sua vita, guidato dalla regia di Giancarlo Nicoletti, in un viaggio teatrale che spazia dalla confessione alla memoria, dal sogno alla realtà. Non è del tutto un monologo puro, ma nemmeno spettacolo “affresco” pieno della sua vita: con la presenza degli attori Francesco Godina, Brunella Platania, Giovanni Schiavo e di musicisti, ci ha offerto una pièce che fluttua tra “one-man show”, dove Haber si mostra anche un ottimo cantante, una autobiografia e una ensemble dal risultato eccezionale e per nulla appesantito come potrebbe essere la mera esposizione di pensieri sulla propria vita.

“Volevo essere Marlon Brando” è un’esperienza teatrale densa e autentica, che arricchisce l’inesauribile ventaglio di esperienze che “Il Rossetti” offre al suo affezionato pubblico. Appare un po’ come “Il Canto di Natale” l’incipit dello spettacolo dove, un a Haber all’inizio incredulo come Ebenezer Scrooge, viene imposto, non da tre fantasmi, ma da “D.o” in persona di raccontare il suo passato, presente e il suo forse futuro per poter decidere dove, alla sua morte sarà il suo posto, inferno, purgatorio, paradiso. Un inizio veramente inusuale che ci ha fatto comprendere da subito la densità e la profondità del racconto che Haber ha esposto della sua vita: di fatto non si è calato in un personaggio, ha interpretato senza veli o orpelli se stesso e la sua stessa vita, nel bene e nel male.

Ci sarebbe molto di più da dire su questo grande attore e, per dare la visione della complessità dell’attore uomo Haber, abbiamo estrapolato alcuni punti del comunicato stampa del “Il Rossetti: “…1967, fa il suo debutto cinematografico nel film di Marco Bellocchio “La Cina è vicina”. La sua crescita artistica prosegue con registi del calibro di Bernardo Bertolucci e i Fratelli Taviani… film, in generi e contesti molto diversi: negli anni Ottanta.

Come “Sogni d’oro” di Nanni Moretti o in “Amici miei atto II” di Mario Monicelli, in “Sogno di una notte di mezza estate” – debutto nella regia cinematografica di Gabriele Salvatores – e “Regalo di Natale” che segna l’incontro di Haber con Pupi Avati, un’altra tappa fondamentale, diremmo noi, della carriera di Haber.

Altro passo significativo: recita in “Sposi”, “La storia dei ragazzi e delle ragazze”, “La rivincita di Natale”, “Il fulgore di Dony”, “Il signor Diavolo”, “Lei mi parla ancora” fino a “Dante” del 2021). Collabora con Francesco Nuti, Maurizio Ponzi, Giovanni Veronesi, Mario Monicelli, Davide Ferrario, Maurizio Nichetti, Enzo Monteleone. Nei primi anni Duemila debutta come regista di cinema in “Scacco Pazzo” di cui è anche protagonista, una commedia di Vittorio Franceschi che ha interpretato a teatro, diretto da Nanni Loy.

… Alessandro Haber ha percorso un itinerario teatrale importante. Richiesto dai maggiori registi ha recitato in testi classici e contemporanei, come “Molto rumore per nulla” diretto da Mario Missiroli, “Rosa Luxemburg” per la regia di Luigi Squarzina, “Fra Diavolo” con Aldo Trionfo, è Claibano ne “La Tempesta” di Carlo Cecchi, e ancora con Missiroli è protagonista in “Tragedia popolare” e “Orgia” di Pasolini. “L’Arlecchino” (per cui riceve il Premio della Critica), “Woyzeck”, “Zio Vanja”, “Platonov”; Michele Placido lo dirige in “Un’aria di famiglia”, Giorgio Gallione in “Tango d’amore e di coltelli” e “Bukovski confessione d’un genio”. Lavora con Giovanni Veronesi, Giampiero Solari, Andrèe Ruth Shammah, Leo Muscato e fra gli internazionali Susan Sontag, Irene Papas, Jerome Savary. “Lo abbiamo apprezzato al “Il Rosetti” dove ha una collaborazione molto intensa di splendidi spettacoli: ha vestito i panni di Jack in “Jack lo sventratore” diretto da Nanni Garella, “Scacco pazzo” Zeno Cosini nella “La coscienza di Zeno”; tra e altre produzioni vogliamo citare una che ci ha colpiti profondamente: “Il Padre” assieme a Lucrezia Lante Della Rovere, un capolavoro di bravura nell’ entrare in una parte dura e difficile quale quella del protagonista malato di demenza senile.I riconoscimenti si sprecano: “Nastro d’Argento” per “Willy Signori e Vengo da Lontano” e “Per Amore Solo per Amore”, per ”La vera Vita di Antonio H”, “La Sconosciuta” e “Le Rose del deserto”, per “Willy Signori”, il “David di Donatello”, e in ambito teatrale il Premio “IDI”, il Premio nazionale della Critica, il Premio Personalità Europea. Perciò Haber ci ha accompagnato in questa avventura teatrale della sua vita, assieme a Francesco Godina, Brunella Platania e Giovanni Schiavo in maniera encomiabile, grazie a una regia che favorisce un flusso reale di una drammaturgia che valorizza la vulnerabilità e il racconto dell’attore, e a costumi funzionali che non distraggono dallo sguardo e dalla voce, offre una performance che ha il raro pregio di mescolare leggerezza e gravità, ironia e melanconia, memoria e presente. Lo spettacolo non promette soluzioni né catarsi: è piuttosto un invito a stare con un artista, a entrare nella sua esperienza, a riflettere sul tempo, sull’identità e sul desiderio.In un panorama teatrale dove spesso “fare spettacolo” significa puntare su scenografie imponenti ed effetti vistosi, questa produzione opta per la sottrazione, per l’essenziale e in questo risiede la sua forza. Per chi ama il teatro che si fa confessione, che accarezza la verità e non teme la distanza tra palco e realtà, è un appuntamento da non perdere.

Grazie alla regia di Nicoletti, lo spettacolo si colloca in una struttura ibrida: pur partendo da una drammaturgia autobiografica, la regia non si limita al racconto lineare ma trasforma lo spazio in una zona dai contorni ben precisi, sospesa fra identità pubblica e vissuto privato. Lo spettacolo si apre con “una voce” che arriva da lontano e impone al protagonista “una settimana di tempo per fare ordine nella propria vita, nei propri ricordi, nei propri desideri”.

La scelta del “camerino dell’attore” come ambiente scenico con oggetti della memoria sparsi, una presenza femminile enigmatica che lascia allo spettatore decidere se è forse un angelo, uno specchio, o forse la stessa coscienza dell’attore, riesce ad offrire una forma e forza visiva a un’interiorità in “movimento”.

Tale regia riesce a valorizzare un attore come Alessandro Haber che, libero dalla finzione del personaggio tradizionale, dialoga con il pubblico, alternando momenti di ironia, malinconia e verità viscerale. Il ritmo evidenzia pause, amplifica sguardi e silenzi che non sono accessori ma parte integrante della drammaturgia visiva.E’ stato uno spettacolo intenso, un invito a stare in intimità con l’uomo prima che con l’artista. Da gustare e cercare di comprendere tra i vari frammenti della vita di Haber, chi realmente egli sia o cosa gli hanno offerto la sua vita e il teatro: prove e fallimenti con grandi rivincite, successi e cadute nascoste anche a se stesso. Dall’infanzia a Tel Aviv a Verona, il desiderio di essere un attore in un flusso continuo di recitazione – racconto: una quasi confessione sul palco, ricca di vera emotività reale e sincera.Un Haber che non si è smentito nemmeno questa volta, come il buon vino: la sua esperienza sul palcoscenico della vita e del teatro migliora e diventa ancor più inebriante col passar del tempo. Uno spettacolo dal sapore quasi di reality da non lasciarsi scappare assolutamente.In replica al “Il Rossetti” venerdì 29 Novembre alle ore 20.30, sabato 30 Novembre alle 19.30 e alle 21.00 e domenica 1 Dicembre alle ore 16.00.

Tratto dall’opera autobiografica di Alessandro Haber “VOLEVO ESSERE MARLON BRANDO” Di Alessandro Haber e Mirko Capozzoli Edito da Baldini&Castoldi

Regia e Drammaturgia Giancarlo Nicoletti

Con ALESSANDRO HABER

E con Francesco Godina, Brunella Platania, Giovanni Schiavo

Scene Alessandro Chiti

Disegno luci Antonio Molinaro

Musiche Oragravity

Co – Produzione Goldenart Production e Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia