Chiara Trevisan e Paolo Sitran si sono laureati ieri (lunedì 22 dicembre) con 110 e lode, portando Cjase Cocèl come caso di studio. Tra didattica museale, formaggio e pane di segale, il museo si conferma spazio vivo di ricerca, sperimentazione e dialogo tra memoria rurale e formazione accademica

Al Museo della vita contadina di Cjase Cocèl la ricerca universitaria ha trovato casa, mani operative e storie da ascoltare, trasformandosi in due percorsi di studio che intrecciano memoria, cibo e identità rurale.

Protagonisti sono Chiara Trevisan e Paolo Sitran, tirocinanti del corso di laurea in Scienza e cultura del cibo dell’Università di Udine, che hanno svolto al museo il loro progetto di tirocinio per un totale di 525 ore, sotto la guida del professor Angelo Floramo. Un’esperienza intensa, vissuta tra laboratori, racconti orali, gesti antichi e sperimentazioni concrete, che ha trovato compimento ieri (lunedì 22 dicembre) con la laurea di entrambi, conseguita con 110 e lode e conferita al Polo universitario dei Rizzi.

La tesi di Chiara Trevisan, intitolata L’esperienza museale di Cjase Cocèl tra memoria e identità rurale, ha messo al centro il percorso didattico “dal latte al formaggio”, approfondito insieme al casaro Claudio Foschiani. Da marzo a giugno Chiara, che è di Remanzacco, ha seguito l’attività educativa del museo, gestendo laboratori, accompagnando scolaresche e contribuendo con nuovi spunti di riflessione alla progettazione didattica, in un dialogo continuo tra sapere accademico e pratica museale.

Paolo Sitran, originario di Alpago (Belluno), ha invece dedicato la sua ricerca a Il “Pane di Cjase Cocèl”: come raccontare l’alimentazione e la vita contadina friulana al tempo dei nostri nonni. Un vero esperimento culinario sul campo, realizzato con il supporto della nonna Anna (la mitica Anna Maria Persello) che lo ha visto impegnato in diverse prove di panificazione con farina di segale direttamente in museo. L’obiettivo: dare forma a un prodotto inedito, capace di raccontare la storia quotidiana della civiltà contadina e destinato a essere presentato durante gli appuntamenti calendarizzati.

«Due tesi, due sguardi diversi, un unico filo conduttore: il museo come luogo vivo, dove la ricerca non resta sulla carta ma prende corpo, profumo e voce», commenta con soddisfazione e orgoglio il direttore del Museo fagagnese Elia Tomai. «Un risultato – aggiunge – che conferma Cjase Cocèl non solo come spazio di conservazione, ma come laboratorio culturale capace di parlare alle nuove generazioni e di dialogare con l’università, restituendo valore contemporaneo alla memoria rurale».